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L'emigrazione sangiacomese |
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L’Emigrazione in Italia ed in particolare a S. Giacomo negli anni 1892- 1924 Oscar De Lena Tra il 1876 ed 1980 circa 26 milioni di italiani abbandonarono i loro paesi per trasferirsi in America, Australia ed Europa. Fu uno dei più grandi esodi di un popolo nella storia moderna.Di questi, quasi 6 milioni scelsero l’America, New York, the big apple, la grande mela, come veniva chiamata questa città, che poteva dar da mangiare a tutti. ![]() la partenza degli emigranti con i loro fardelli per i porti d'imbarco
![]() l'imbarco al porto di Napoli
Con i pochi bagagli al seguito: qualche fardello legato con lo spago, una valigia di fibre e di cartone ed il passaporto appena rilasciato dalle autorità competenti. La destinazione a bordo della nave era quasi sempre quella della terza classe;dove ricevevano in consegna: due gamelle, un bidoncino per il vino, un sacchetto per il pane e 10 fasce per materassi. Brodo, farinate di ceci, maiale in gelatina e zuppe era il menù della terza classe; per gli aristocratici della prima classe, raffinati menù venivano preparati giornalmente dagli chef di bordo. Il costo del biglietto variava tra le 100 e le 150 lire. Ce lo ricorda anche la canzone: “….mamma mia dammi cento lire che in America voglio andare”Nei primi del novecento quando questo fenomeno dell’emigrazione andava crescendo anno dopo anno, un operaio a S. Giacomo guadagnava circa 2 lire e mezzo al giorno …quando riusciva a fare qualche giornata.La giornata lavorativa era di 11 ore, sabato e qualche volta domenica compresa. Il pane costava 35 centesimi al chilo, l’olio una lira e 15 centesimi più o meno come un chilo di carne. Furono queste le motivazioni che indussero parecchi a lasciare i propri paesi per destini migliori…A metà dell’ottocento i velieri impiegavano 57 giorni per collegare Napoli all’America; ma già nei primi anni del 900 con le nuove navi a motore come quelle con cui viaggiarono i nostri antenati: Re d’Italia, Madonna, S. Giusto, Conte Rosso, Roma, Dante Alighieri, …..la traversata si era ridotta a soli 13 giorni; in un mese la nave doveva compiere un’andata e un ritorno.
![]() La nave S.Giusto con la quale mio nonno ed altri sangiacomesi raggiunsero l'America
Guardando le poche foto di quel periodo non si nota opulenza, né c'e' sfoggio di ricchezza alcuna. C'e' però una straordinaria dignità e una malinconia di fondo, soprattutto nei volti dei bambini e delle donne. Dal nostro piccolo paese nel trentennio che va dal 1892 al 1924 partirono per New York ben 290 persone. Per un piccolo paese che ne contava ca. 900 quasi un terzo della popolazione era emigrata.Questo è il numero di persone che con tanta pazienza e in tante nottate trascorse a fare le ore piccole al computer collegandomi con il sito Internet di Ellis Island ho rintracciato nei registri di sbarco.Delle 290 persone, quasi tutti di giovanissima età, ci sono 85 diversi cognomi: questo stà ad indicarci che almeno un componente per famiglia era emigrato. Alcuni di questi cognomi esistono ancora, altri ormai sono divenuti cittadini americani non più presenti nell’anagrafe del nostro paese.Cito solo alcuni dei cognomi di nostri paesani emigrati che ho rintracciato sui registri di sbarco ad Ellis Island: Alberico, Albino, Alessandro, Altieri, Amicone, Angelucci, Barone, Belvedere, Biondelli, Bosco, Bucci, Caccavalle, Candeloro, Candigliotti, Caruso, Chilleri, Cianci, Ciccarone, Cocco, Colaneri, Concetto, Console, Consorte, Conte, D’Adamo, D’Alessandro, D’Amario, D’Auria, De Lellis, De Lena, Di Lena, De Virgilis, Di Cecco, Di Foglia, Di Girolamo, Di Giorgio, D’Ippolito; Di Mirco, Di Salvatore, Di Tilla, Di Toro, Di Virgilio, D’Orso; Fabrizio, Galasso, Garzella, Ippolito, Lafratta, Lallo, Lannutti, Leone, Lizzi, Loreto, Luciani, Luciano, Mancini, Mastromonaco, Maurizio, Meccia, Menna, Miletti, Miticocchio, Moscatelli, Murazzo, Pellicciotti, Perfetto, Perrotta, Pesce, Pilli, Ricci, Romolo, Rosati, Rossi, Sciarretta, Silvani, Tancredi, Terpolilli, Tittoferrante, Traglia, Valentini, Valentino, Vena, Verdastro, Vitelli.
Questo paese della contea di Lucerne era famoso per le sue numerose miniere di carbone; fu così che i nostri paesani, abituati a vivere nei campi assolati delle nostre campagne, dovettero adattarsi ad entrare per tante ore al giorno al buio delle lunghe gallerie, a scavare con il piccone montagne di carbone che poi dovevano trasportare nei depositi all’esterno delle gallerie.Non erano i soli italiani presenti in questo paese; da Gualdo Tadino ( PG ) arrivarono a Pittston qualche migliaia di persone e alcune centinaia ne arrivarono da S. Cataldo e Montedoro ( CL ) dove, avendo chiuso le solfatare, centinaia di minatori si trovarono senza lavoro e si aggiunsero così anche loro ai nostri paesani. ![]() Oggi a Pittston le miniere, dopo una lunga serie di incidenti che hanno fatto anche tanti morti, sono state chiuse e, le generazioni che si sono succedute, godono di un discreto benessere. Tutti sono ancora attaccati al paese di origine e, l’attuale sindaco, è un avvocato, il figlio di un ex emigrante di Gualdo Tadino con cui Pittston è gemellato.Qui a S. Giacomo, forse non tutti lo sanno, ma la lapide ai caduti della prima guerra mondiale che potete vedere all’ingresso del paese, inaugurata nel lontano 1922, fu realizzata proprio con le rimesse dei nostri compaesani residenti a Pittston.Fu con queste rimesse che i nostri padri e le nostre madri ebbero la possibilità di vivere, studiare, di farsi una loro vita in Italia evitando la dura esperienza dell’emigrazione. Due anni fa, ad uno dei tanti siti Internet americani che parlano di emigrazione, inviai una foto di mio nonno con altri paesani quale contributo dei sangiacomesi al benessere dell’economia della nazione americana. L’anno scorso ho ricevuto una E-mail da parte di una novella scrittrice americana: Stefania Longo di Scranton, distante 15 chilometri da Pittston. Si era appena laureata in Lingua Italiana ed era stata invitata dai suoi professori a scrivere un libro sull’emigrazione italiana in quell’area.Stefania mi chiedeva l’autorizzazione ad usare le mie foto per il suo libro.Il libro è stato pubblicato la scorsa settimana e sono in attesa di riceverne copia. Nel mio piccolo, penso di aver dato anch’io un contributo a che i sacrifici di questi nostri parenti e compaesani non siano stati vani e, concludo questa ricerca sul tema dell’emigrazione ringraziando tutti gli altri sangiacomesi che, con il loro lavoro, hanno lasciato un'impronta indelebile nei paesi che li ospitavano e continuano ad ospitarli, incidendo profondamente nel tessuto sociale, ma anche nella struttura economica, nelle tradizioni e nella memoria popolare.
Quando la mia amica scrittrice mi invia le sue E-mail usa chiuderle con questa frase: Oscar De Lena
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